I dati sono il petrolio della nostra epoca. È per questo chei social network come Facebook e Instagram ne sono assai gelosi, mentre Twitter li vende a caro prezzo!

Una buona parte dell’economia e della politica ruota attorno all’interpretazione della realtà e delle percezioni. Si tratti di indicatori come la disoccupazione, l’inflazione, gli ordinativi dell’industria, oppure di stime sulla fiducia dei consumatori, con gli strumenti tradizionali queste informazioni arrivano settimane dopo la loro rilevazione. Stando ai dati Audiweb, circa 30 milioni di italiani si collegano a Internet nel corso di un mese, 22 ogni giorno. Usiamo i social network per raccontare come stiamo e come la pensiamo, per effettuare transazioni commerciali, per informarci. A questo aggiungiamo i dati che vengono rilevati ogni istante dai dispositivi connessi. I telefoni che abbiamo in tasca, i pagamenti con carta di credito e bancomat, i caselli autostradali, le auto.

L’interpretazione di questa enorme mole di informazioni si chiama Big Data, e la scienza che permette di interpretarli nowcasting, ovvero previsione in tempo reale.

Tutto ciò è utile per la politica economica e per le aziende. Wal-Mart, una catena di grande distribuzione, registra ogni ora un milione di transazioni compiute dai propri clienti. Il database della società è pari a 167 volte le informazioni contenute nei volumi della biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Sulla base di questo sapere la società decide la propria strategia commerciale ma anche i partiti politici e istituzioni hanno iniziato a farvi ricorso per prevedere gli andamenti elettorali e non solo.  Le conversazioni in rete sui sicial network raccontano quel che l’Italia pensa del terrorismo, delle battaglie sui diritti civili, della riforma delle banche. E la lettura di questi dati influenza le decisioni della politica.

Isaac Asimov, autore di fantascienza, immaginò la psicostoria, l’arte di prevedere il futuro a patto di esaminare il comportamento di un numero sufficiente di persone.